A otto anni dal tragico naufragio dell’originale Kingdoms of Amalur: Reckoning, il publisher austriaco THQ Nordic, in maniera non troppo dissimile da quanto fatto con Destroy All Humans! e Darksiders, ha deciso di riproporre la travagliata opera degli ormai defunti 38 Studios.

Benché forte già ai tempi di un team creativo di un certo spessore, che vantava nomi come Todd McFarlane (Spawn, Venom), R.A Salvatore (Forgotten Realms) e Ken Rolston (TES III Morrowind, TES IV Oblivion), Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning anche oggi, e lo ammetto con grande dispiacere, non riesce ad andare oltre quanto di buono avesse già mostrato all’epoca.

La prima e più diffusa sensazione è quella di avere a che fare con un titolo svecchiato unicamente a parole. Dai font della schermata fino ai modelli del gioco, questa nuova incarnazione a opera dei tedeschi KAIKO non restaura né tanto meno innova alcunché. Ricordo di aver detto: “tanto valeva riaccendere la mia vecchia PlayStation 3 e giocarlo nella sua veste del 2012, almeno potevo quasi considerarlo retrogaming”. Battute a parte, questo KoA: Re-Reckoning è purtroppo sufficiente se valutato sul piano puramente tecnico.

Naturalmente l’approccio, così come l’empatia provata giocando quello che hai tempi ritenni “eccessivamente sword & sorcery”, è stata tutt’altra cosa. L’offerta ludica, seppur sofferente a causa di un apparato tecnico debole, è risultata nel complesso soddisfacente. KoA: Re-Reckoning è ancora un gdr dai toni dinamici perfettamente veicolati da un gameplay sorprendentemente valido al pari dell’interfaccia di gioco che, nonostante l’età, è riuscita a non rendermi l’offerta invalidante ai limiti del tedio.

Ciò che funziona è nello stile

Al di là di un concept estetico che strizza l’occhio a Warcraft, il setting proposto da un team di autori in cui abbondava la creatività è ancora parecchio soddisfacente. Un mondo plasmato rispettando i più rigidi e severi dogmi imposti dalla narrativa fantastica, dove elementi subito riconoscibili quali magia, cavalieri erranti e mostruose creature vengono processati all’interno di una storia godibile anche per coloro poco inclini al genere, e addirittura bella per i più habitué. La premessa è semplice: dopo aver creato il nostro alter-ego, ci risveglieremo in un luogo che conosceremo con il pomposo nome di Pozzo delle Anime. Creduto morto, il nostro personaggi verrà immediatamente ribattezzato il “Senzafato” e quindi iniziato alle vicissitudini, parecchio intricate, che la narrazione del gioco propone. Reami in guerra, eserciti votati al male e alleanze da stringere sono solo una frazione dell’intera economia di gioco, che fra main quest, secondarie e affini offre al giocatore un’esperienza di gioco piuttosto estesa. Sul fronte delle quest ho trovato però piuttosto caotico l’ordine logico con cui spesso si sovrappongono gli incarichi: quest primarie e secondarie che divergono senza reali congruenze, rendendo di conseguenza la main poco chiara e spesso confusa.

Un gameplay classico, pure troppo

Nonostante qualche lucidata alle texture e una pompata ai poligoni, il gioco risulta nel complesso invariato rispetto alla controparte originale, gameplay compreso, aspetto questo che mi ha fatto riflettere non poco in una direzione abbastanza inattesa. Sì, perché pur non essendo degno del gotha della gamma, KoA: Re-Reckoning si lascia giocare con grande dignità, esibendo set di movimenti e azioni connotate da un’ottima fluidità e una pregevole resa estetica. Il gioco propone approcci accessibili a tutte le tipologie di utenti, siano questi degli stregoni in erba o sedicenti cavalieri dal fendente facile. Al giocatore è concesso infatti l’imbarazzo della scelta, potendo costruire build specializzate dal melee al combattimento arcano, passando persino attraverso leggere ibridazioni. Cos’è quindi che mi ha dato tanto da riflettere? KoA: Reckoning ai tempi fu accolto dalla critica specializzata in maniera piuttosto calorosa, incassando voti in larga parte notevoli. Oggi, nonostante la pigrizia tecnica, questo Re-Reckoning riesce ugualmente a distanza di anni a confermare la buona sostanza ludica del titolo. Mi chiedo a questo punto: cos’è allora che l’ha fatto fallire otto anni fa? Può essere semplice sfortuna? Forse, semplicemente, la risposta è sì.

KoA: Reckoning fu ai tempi un caso quasi eccezionale di fallimento gestionale, eppure la strategia di THQ Nordic di riesumare dalla fossa titoli di studi ormai decaduti prosegue senza sosta. Come nel caso di Destroy All Humans!, questo KoA: Re-Reckoning sembra essere stato rivestito frettolosamente per essere lanciato sulle attuali piattaforme, suggerendo una chiarissima strategia da parte del publisher viennese. Tuttavia, se cercate un’esperienza che non richieda un vistoso colpo d’occhio e, cosa più importante, cercate qualcosa dal profondissimo stile fantasy, giocare Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning potrebbe essere una scelta azzeccata; vi consiglio solo di non essere eccessivamente schizzinosi.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
Similar Posts
Latest Posts from Players